Si rinnova in Calabria l'antico rito dei 'battenti' o 'vattienti' uno degli appuntamenti principali della settimana santa: tra giovedì e sabato, a Nocera Terinese i 'fedeli penitenti', durante la processione, si flagellano battendosi le gambe (da cui il termine 'vattienti') con pezzi di vetro, fino a sanguinare.
Poi, pieni di ferite e con il corpo coperto di sangue, simbolo di quello salvifico di Cristo, percorrono le vie del paese, 'visitando' le case di amici e parenti. Il rito, che risale al 1473, ha una storia controversa: non autopunizione ma partecipazione alla sofferenza di Cristo, in passato è stato formalmente condannato dal Vaticano, tanto che i 'vattienti' erano in via di estinzione; e la pratica fu in alcuni casi anche vietata dalle forze dell'ordine. Fino al 1997, quando la cerimonia è tornata in auge. Una tradizione che si tramanda da padre in figlio in Calabria: castigare la carne e unirsi simbolicamente a Cristo, nella sofferenza che precede la morte. I 'vattienti', che indossano un pantalone corto, una maglietta e un fazzoletto intorno al capo, si colpiscono ripetutamente le gambe con il 'cardo', un disco di sughero sul quale, con uno strato di cera ricavata da una candela fusa mista a cera vergine, sono infissi tredici pezzetti di vetro acuminati, e con la 'rosa', sempre di sughero lavorato con scanalature per fare scorrere il sangue prodotto dalle ferite.
A Nocera Terinese la cerimonia dei 'vattienti' si svolge il venerdì e il sabato: i flagellanti si aggirano per le vie del paese, mentre si svolge la processione con la statua della Madonna dell'Addolorata. Prima si preparano disinfettandosi le gambe con un infuso di aceto e rosmarino, e bevono in compagnia dei familiari. Con la testa avvolta da un panno nero e da un ramo di 'sparaconga', lavorato in modo tale da formare una corona, e pantaloncini corti per lasciare scoperte le gambe, si percuotono con movimenti ritmici le cosce e i polpacci con gli strumenti penitenziali, la 'rosa' e il 'cardo', e poi passano la rosa bagnata del loro sangue sul petto dell'Ecce-Homo, il compagno al quale sono allacciati con una cordicella.
Poi, insanguinati, percorrono il paese fermandosi davanti ad alcune abitazioni, ricevendo del vino che viene versato sulle ferite, come disinfettante. Poi si avvicinano alla statua della Madonna, si fanno il segno della croce, si percuotono e versano il loro sangue ai piedi della Vergine. L'atto finale del rito. A Verbicaro il rito dei 'vattienti' si tiene il giovedì santo a mezzanotte. Si preparano nella cantina di famiglia, dove cenano con parenti e amici, e iniziano a scaldarsi le cosce con le mani. Poi iniziano a flagellarsi le gambe e fanno il giro del paese per ben tre volte, “segnando” le strade con le mani sporche di sangue. Successivamente, alle tre del mattino prende il via la processione del Mistero della Passione di Cristo con statue e quadri viventi, ispirata alla Via Crucis e al mistero della Passione, detta anche 'processione degli incappucciati'.
A sfilare per le vie del paese sono infatti i cosiddetti Giudei, incappucciati e vestiti con un camice bianco, e il Cristo che cammina a piedi nudi seguendo il ritmo del tamburo e della troccola che si alterna a canti funerei delle donne in processione e dalle musiche tristi della banda. I fedeli seguono il corteo con le candele accese. E a ogni angolo si svolgono le recite degli angioletti, bambini che con strana cadenza narrano le vicende della condanna, della passione e morte di Gesù. Il corteo torna poi al punto di partenza. Ad accoglierlo sulla scalinata della chiesa le recite degli angioletti e la predica del padre predicatore che in pochi minuti di solenne meditazione pone fine alla lunga notte di preghiera. Il pomeriggio del venerdì è invece dedicato alla visita ai sepolcri e all'adorazione della Croce.
Ma è la sera, all'imbrunire, che si svolge la processione forse più suggestiva. La Vergine Addolorata viene portata in corteo verso il luogo dove si celebrerà la predica di Passione, con meditazioni, preghiere e canti. Il sabato Santo si celebra la messa di Resurrezione. Fuori della chiesa viene benedetto il fuoco, acceso, secondo tradizione, con una pietra focaia. Sull'altare maggiore viene issato un grande telo con su raffigurato il Cristo che porta la croce, telo che all'intonazione del Gloria verrà fatto cadere per dar spazio alla statua del Cristo Risorto.