COSENZA: omicidio Patrizia Schettini, arrestato figlio diciassettenne
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COSENZA: omicidio Patrizia Schettini, arrestato figlio diciassettenne

Cosenza e Provincia
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La morte donna, una insegnante di musica, in primo tempo era stata attribuita a un incidente

Non sopportava più di essere sgridato dalla madre: sarebbe questo il movente dell'omicidio di Patrizia Schettini, 53 anni, delitto per il quale stamani è stato arrestato il figlio diciassettenne con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi.

La morte della donna, insegnante di pianoforte, risale al primo aprile scorso ed in un primo momento era stata attribuita a cause accidentali. Il figlio, che era in casa con lei, aveva chiamato il 118 dicendo che la madre era caduta dalle scale nella loro abitazione, nella frazione Donnici di Cosenza. Alcuni dettagli, però, non avevano convinto gli investigatori della squadra mobile che hanno deciso di vederci chiaro.

A confermare i loro sospetti è stata poi l'autopsia, che ha evidenziato sul collo della donna segni di strangolamento. Col passare dei giorni, il quadro ha cominciato a delinearsi e gli investigatori, coordinati dalla Procura dei Minorenni di Catanzaro, sono giunti al ragazzo attraverso una serie di accertamenti e dopo parziali ammissioni fatte dallo stesso giovane parlando col padre. Colloquio intercettato dalla squadra mobile.

Il primo dato riscontrato dalla polizia è stato l'assenza di segni di effrazione su porte e finestre dell'abitazione della famiglia. Inoltre, ad indirizzare i sospetti sul ragazzo - adottato quando era bambino insieme al fratello di sangue che adesso è maggiorenne - la circostanza che era l'unica persona in casa al momento della morte della donna. I magistrati della Procura minorile hanno così deciso di sentirlo, alla luce anche di quanto avevano captato le microspie. Un'ammissione parziale e, secondo l'accusa, non completamente veritiera ma che ha portato decisamente i sospetti su di lui.

Il giovane, infatti, al padre avrebbe detto di avere spinto la madre dalle scale non sopportando più di essere sgridato. Ad uno degli interrogatori, il giovane si è presentato con una frase tatuata sul braccio una settimana dopo la tragedia: "Nemmeno la morte ci potrà separare, ti amo mamma". Un tentativo, secondo gli inquirenti, di cercare di sviare i sospetti da sé. Tentativo vano, visto che la Procura non ha creduto alla sua versione della spinta ma gli ha contestato l' omicidio volontario con l'aggravante dei futili motivi proprio perché all'origine del delitto vi sarebbero state le sgridate della madre, chiedendo l'emissione di un provvedimento restrittivo che è stato eseguito stamani dalla squadra mobile cosentina.

Venerdì mattina, il ragazzo dovrà presentarsi davanti al giudice delle indagini preliminari per l'interrogatorio di garanzia. Può darsi che in quella occasione spiegherà, o tenterà di farlo, perché sia giunto ad uccidere la madre dopo che nei giorni precedenti al delitto sui social network aveva scritto "come è bello stare con mamma". (Ansa)