Se conviene ancora affittare casa
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Se conviene ancora affittare casa

Italia
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Sono rimasti in pochi quelli che riescono a guardare al mattone come un settore su cui investire a lungo termine, anche se i prezzi in calo potrebbero incoraggiare i più arditi che sperano di trovare nell’immobiliare la rendita per il loro futuro.

Ma tra coloro i quali hanno investito acquistando immobili per poi locarli, come stanno veramente le cose? Ci sono città che offrono occasioni di guadagno migliori di altre? A fare i conti matematici, alla luce di tassazione e situazione del mercato, è stato il Sole 24ORE del Lunedì che, con Nomisma e Confedilizia, ha pubblicato un importante studio sul guadagno di chi affitta un immobile

La situazione è determinata da due osservazioni di base: i canoni di locazione si sono abbassati a livello nazionale e la tassazione sul mattone è aumentata, così come la pressione fiscale sul patrimonio. Questo dovrebbe subito far pensare che dare in affitto una casa non sia più conveniente. In realtà il margine di guadagno annuale netto, stando ai conti fatti dal giornale, rimane, seppur in maniera ridotta. Ci sono però città in cui i proprietari sono più penalizzati: dal calcolo di questo studio è emerso che Lecco si distingue come il capoluogo di provincia in cui ben il 47% dell’entrata del canone (libero e registrato con il ricorso alla cedolare secca) svanisce per il pagamento di tasse e spese. Seguono Padova, Torino, Pordenone, Viterbo e Verona. Al contrario, Messina è il capoluogo di provincia in cui i proprietari di case riescono a tenere in tasca la parte di canone maggiore: qui la percentuale di ciò che serve a coprire le spese scende al 37% (stesse modalità del precedente esempio). La situazione è più leggera anche in altri centri, come Palermo, Sassari, Lucca, Pistoia e Rimini

Ma come sono stai fatti questi calcoli? Per arrivare a arrivare ad avere il guadagno netto sono state sottratte al canone annuo tre “uscite”, che sono quelle con cui ogni proprietario è costretto a fare i conti: -Imu e Tasi (con le differenti aliquote fissate da ogni Comune) -imposte sui redditi -spese che sono sempre a carico del proprietario (generalmente pari al 10% del canone) Secondo Nomisma il guadagno di chi affitta una casa in città come Roma o Milano non è trascurabile, ma bisogna considerare anche in questo caso tre varianti: la redditività della locazione (al lordo delle spese), il valore catastale da cui si parte e l’aliquota Imu stabilita nel Comune di riferimento. Per chi vuole investire nel mattone, gli esperti di Nomisma lanciano una riflessione molto importante: è più conveniente che ad essere basse siano le rendite catastali, piuttosto che le aliquote. Rimane il fatto che il calo dei canoni di locazione abbia penalizzato chi era già proprietario e potrebbe insinuare il dubbio nei potenziali investitori

Ma non bastano questi conteggi matematici: bisogna anche pensare che la morosità degli inquilini in Italia è in aumento, stando a quanto sostiene all’interno dell’articolo del Sole 24ORE Corrado Sforza Fogliani, il presidente di Confedilizia. In una città come Milano, dopo quattro mesi di morosità dell’inquilino, chi ha registrato il contratto con la cedolare secca vedrà dimezzarsi l’entrata annuale del canone; se si è ricorso alla tassazione ordinaria, addirittura l’80% delle entrate sono azzerate. Non ci si dimentichi mai, infine, delle spese di mantenimento che impattano moltissimo sull’impegno richiesto al proprietario. Come avevamo rivelato nel nostro studio sull’età del patrimonio immobiliare italiano, molto invecchiato, le spese di manutenzione si fanno necessarie per la stragrande maggioranza degli immobili risalenti agli anni ’60 e ’70 e questo comporta un’uscita che va senza dubbio detratta dal canone di locazione.