Caso Bergamini, 'Non è un suicidio'. Questioni sentimentali e la pista della droga
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Caso Bergamini, 'Non è un suicidi'. Questioni sentimentali e la pista della droga

Calabria Regione
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I nuovi accertamenti sulle spoglie del calciatore del Cosenza fanno parlare gli inquirenti per la prima volta di omicidio. Indagati l'ex fidanzata e l'autista del camion, l'ipotesi che la vittima fosse a conoscenza di traffici illeciti

Caso Bergamini, 'Non è un suicidio'. Questioni sentimentali e la pista della droga
Caso Bergamini, 'Non è un suicidio'. Questioni sentimentali e la pista della droga

COSENZA, 12-LUG. Ventotto anni fa il suo corpo è stato sepolto dopo uno strano suicidio. Oggi da quelle spoglie si riparte per tentare di incastrare gli autori di quella che gli inquirenti considerano messinscena. È questo il motivo che ha indotto il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, a chiedere e ottenere la riesumazione della salma di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza travolto e ucciso da un camion il 19 novembre del 1989 a Roseto Capo Spulico (Cosenza). Un suicidio, ha affermato la prima inchiesta aperta sul caso. Un suicidio che non si spiega, ha confermato la seconda. Un omicidio ben organizzato, ha sempre sostenuto la famiglia. E adesso lo ipotizzando anche i magistrati.

Per questo sulle spoglie del calciatore verranno effettuati nuovi accertamenti tecnici, fra cui una tac tridimensionale e un esame del Dna, alla ricerca di elementi utili alle indagini. “Vogliamo approfondire con le tecniche di cui oggi si dispone tutti i possibili aspetti di quello che non è un suicidio”, ha detto chiaro il procuratore Facciolla. Elementi necessari per dare gambe all’inchiesta che attualmente vede indagati Isabella Internò, all’epoca fidanzata con il calciatore e testimone oculare del presunto “suicidio” di Bergamini, e l'autista del camion che lo ha investito, Raffaele Pisano. Già in passato i due erano finiti al centro di due distinti procedimenti, entrambi archiviati, ma che sulla morte del calciatore non hanno mai fatto luce. Secondo la versione fornita da Internò, dopo una lite furibonda scoppiata mentre i due si trovavano sulla statale 106, il calciatore sarebbe uscito dall’auto e si sarebbe lanciato sotto un camion in transito, che lo avrebbe trascinato per più di cinquanta metri.

Ma fin da subito, più di un elemento ha fatto scricchiolare tale versione. Primo fra tutti, la perizia autoptica che già nel 1990 ha fatto emergere “l’assoluta assenza di lesioni riferibili a trauma diretto da pneumatico” e di “di lesioni da trascinamento” sul corpo. In più, hanno sempre affermato i legali della famiglia, questa ricostruzione dell’incidente non spiegherebbe come mai le scarpe del calciatore fossero pulite e perché le catenine, i vestiti e l’orologio che Bergamini teneva al polso fossero rimasti miracolosamente intatti.

Elementi che negli anni non sono stati ritenuti sufficienti per approfondire le indagini. Adesso invece la procura di Castrovillari proprio da qui riparte. L’ipotesi è che il calciatore sia stato ucciso altrove e poi trascinato sulla 106 dove ne è stato simulato il suicidio. Motivo? Al momento non è dato sapere. Però nei mesi scorsi, qualcosa il procuratore Facciolla se l’è fatta sfuggire.

“Emerge un mix di questioni sentimentali e di questioni legate ad altre tematiche” ha detto il magistrato ai microfoni di Rai sport, riallacciando i fili delle ipotesi investigative che in passato hanno fatto emergere l’ombra del calcioscommesse o del traffico di droga dietro la morte del calciatore, forse venuto a conoscenza di affari che non avrebbe mai dovuto scoprire. Ma Facciolla ha anche tirato in ballo altri sportivi, da sempre vicini a Bergamini, come Michele Padovano, anche lui giocatore del Cosenza dal 1986 al 1990, e Luigi Simoni, il portiere della squadra calabrese dal 1984 al 1989 che però all’epoca della morte di Bergamini si era già trasferito a Pisa.

“Il discorso droga è presente fin dai primi atti dell’indagine – ha spiegato il magistrato – la storia giudiziaria più o meno recente ci consegna Padovano come un amico stretto di Bergamini. I due erano molto legati e avevano una conoscenza di rapporti e di situazioni diversa da quella di altri. Bergamini non era legato solo a Padovano ma anche ad altri, tra cui l’ex portiere Simoni e comunque c’erano anche altri soggetti”.

Se e in che misura abbiano avuto un ruolo nella morte di Bergamini al momento non è dato sapere. Tanto meno se sul “caso” si allunghi anche l’ombra della ‘ndrangheta, ipotesi liquidata dal procuratore Facciolla con un sibillino “può essere”. Di certo, dicono i familiari di Bergamini, adesso i magistrati sembrano davvero determinati ad andare fino in fondo. Ma la speranza si mischia all’amarezza perché – ha detto Donata Bergamini, sorella di Denis, dopo la riesumazione della salma – “Quello che è stato fatto oggi doveva essere già stato fatto tanti anni fa”. (Repubblica.it)