Il Pd alla resa dei conti. Bersani: 'Non rinnovo la tessera, Pd e' cambiato.' Emiliano resta
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Il Pd alla resa dei conti. Bersani: 'Non rinnovo la tessera, Pd e' cambiato.' Emiliano resta

Politica
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Bersaniani fuori. Renzi: "Addolorano addii ma è tempo di rimettersi in cammino". Prodi: "Questo è un suicidio, non posso rassegnarmi"

Il Pd alla resa dei conti. Bersani: 'Non rinnovo la tessera, Pd e' cambiato.' Emiliano resta
Il Pd alla resa dei conti. Bersani: 'Non rinnovo la tessera, Pd e' cambiato.' Emiliano resta

(ANSA) Michele Emiliano resta nel Pd e sfida Renzi candidandosi alla segreteria. 'Il Pd è casa mia, nessuno può cacciarmi', ha detto intervenendo in direzione Dem. Chi invece non ha intenzione di cambiare idea sono Bersani, Speranza e i parlamentari della loro area che, insieme con D'Alema, non si sono fatti vivi in direzione e sono di fatto fuori dal partito. Assente anche Matteo Renzi pronto a partire per gli Usa: 'Gli addii di qualcuno provocano dolore, la parola d'ordine resta 'venite', non 'andatevene', ma è tempo di rimettersi in cammino', ha scritto sull'e-news. Orfini ha ringraziato i presenti in direzione: 'Non mi rassegno agli addii'.

"Io non mi sento di partecipare al congresso" ma "non vado via dal centrosinistra". Così Pierluigi Bersani a Di Martedì risponde alla domanda se rinnoverà la tessera del Pd. "E' certamente un passaggio non semplice ma anche quando hai dei dubbi, quando non sai cosa fare fai quel che devi": così Bersani citando Enrico Berlinguer. Infine sul cambio di rotta del Governatore pugliese che resta nel Pd: "Emiliano farà i conti con le coerenze sue...". "Lascia il Pd? "Io sono rimasto sinistra di governo. E' lui che si è molto spostato...". Così Bersani in merito alla scissione all'interno dei dem. "Da noi - ha aggiunto - non c'è stato nessuno strappo: noi abbiamo chiesto una discussione in tempi normali: Gentiloni fino al 2018, il congresso ai primi d'autunno, prima le amministrative e la legge elettorale.... non siamo stati noi a fare giravolte. Renzi - ha aggiunto Bersani - ha fatto una cosa che mai era successa nel Pd: prendere il giochino delle dimissioni da segretario per fare una cosa cotta e mangiata in due mesi. Il mio Pd è il luogo del riformismo e del pluralismo, se diventa un partito del capo dove non si discute non può esistere". Infine, "Dal primo giorno ho capito che con Renzi non mi sarei mai preso".

 "Non è nei miei programmi candidarmi in Parlamento, non credo che me lo chiederanno nemmeno. Non sono mai stato aggrappato alle poltrone". Lo ha detto Massimo D'Alema a Cartabianca su Rai tre aggiungendo, riferendosi al movimento degli scissionisti, "che questa non può essere la formazione nè di D'Alema nè Bersani. I leader di questa formazione sono Rossi e Speranza". "Rossi è il miglior amministratore che oggi abbiamo e Speranza è un giovane, con meno di 40 anni, che ha la schiena dritta. Il leader credo che lo sceglieremo con le primarie, alle quali non parteciperò". Poi sul rapporto tra il movimento di Giuliano Pisapia e il partito che nascerà dalla scissione del Pd"Apprezzo l'impegno di Pisapia di raccogliere le forze nel centrosinistra e nella società civile. E' ragionevole lavorare insieme", ha sottolineato D'Alema.

Il Pd alle resa dei conti. Tira dritto Matteo Renzi che non partecipa alla direzione Dem. "Ringrazio chi è qui oggi - ha detto Matteo Orfini aprendo la direzione del Pd -. Ho sentito in queste ore Emiliano, Rossi e Speranza e ho chiesto loro di partecipare alla direzione e al congresso e continuerò a farlo non rassegnandomi alla scelta di chi ha deciso di non partecipare". "Chiedo a chi ha fatto una scelta diversa di ripensarci - sottolinea, con riferimento ai bersaniani e a Rossi - penso ci siano condizioni per andare avanti insieme ed evitare addii. Il congresso serve a questo". "Quanto emerso nel dibattito in assemblea e dopo non è tale da giustificare e rendere inevitabile addii dal nostro partito. Credo che ci siano ancora margini per tenere unito questo partito", conclude. "Alla commissione che nomineremo oggi spetta il compito di raccogliere le diverse posizioni per vedere se si può fare ancora qualche passo per ricomporre le distanze".

E Michele Emiliano interviene in direzione Pd: "L'avrei voluto fare in assemblea ma il rispetto che ho per Rossi e Speranza non me l'ha consentito. Oggi vi ribadisco che mi candiderò alla segreteria del Pd. Questa è casa mia, casa nostra e nessuno può cacciarmi o cacciarci via". "Con Rossi e Speranza abbiamo condotto una riflessione comune - ha detto Michele Emiliano annunciando in direzione la sua candidatura alla leadership del Pd -, Enrico e Roberto sono persone perbene, di grande spessore umano che sono state offese e bastonate dal cocciuto rifiuto ad ogni mediazione. Renzi è il più soddisfatto per ogni possibile scissione".

Una scelta, quella di Emiliano, criticata dai bersaniani che, invece, sono ormai fuori dal partito. Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza e i parlamentari della loro area non cambiano idea: non hanno partecipato alla direzione e non partecipano al congresso del Pd, di cui non condividono le modalità. Di fatto, a quanto si apprende, sono così fuori dal partito e dissentono dalla scelta di Michele Emiliano di sfidare Renzi alle primarie. È una scelta personale, sottolineano.

Per Roberto Speranza, che guida Sinistra riformista, "dalla direzione Pd nessuna novità. Noi andiamo avanti sulla strada della costruzione di un nuovo soggetto politico del centrosinistra italiano che miri a correggere quelle politiche che hanno allontanato dal nostro campo molti lavoratori, giovani e insegnanti. Occorre iniziare un nuovo cammino". "Prendiamo atto della scelta assunta da Michele Emiliano di candidarsi nel PdR", il Partito di Renzi, ha detto Speranza. Il governatore pugliese, con Speranza e Rossi aveva combattuto una battaglia unitaria per avere il congresso in autunno, ma oggi ha deciso, a differenza degli altri due, di restare nel Pd.

"Quando mi descrivono come esitante sorrido amaramente. Sono le stesse persone che non hanno detto al segretario che dopo aver personalizzato il referendum ora vanno avanti con lui senza fare le domande che fanno a me", ha detto ancora Emiliano aggiungendo che "pensare prima di decidere" è sua regola di vita. "Mi candido nonostante il tentativo del segretario uscente di vincere il congresso a ogni costo e con ogni mezzo, approfittando di aver gestito tutto il potere economico, politico e mediatico. Ha fretta e non concede il tempo necessario a girare nemmeno la metà delle province. Perché i suoi errori, ove discussi, porterebbero a un suo indebolimento". "Nonostante il poco tempo ci proveremo lo stesso perché per noi il congresso non sarà mai una prova muscolare", ha aggiunto. E ancora: "Enrico, Roberto ed io abbiamo impedito al segretario di precipitare il Paese verso elezioni anticipate". "Renzi si è inventato un congresso con rito abbreviato da celebrare entro aprile - ha detto Emiliano -, se facciamo i bravi entro la metà di maggio, mentre 1500 comuni vanno alle amministrative. Ci hanno impedito di svolgere bene la conferenza programmatica. Non vuole concedere agli avversari le feste dell'Unità come luogo di dibattito".

Indicata commissione congresso in direzione - Ecco gli esponenti Pd che Matteo Orfini ha proposto in direzione per comporre la commissione Congresso: Fregolent, Nardi, Del Barba, Carbone, Bini, Losacco, Ginoble, Di Marzio, Piccione, Montanari, Morassut, Campana, Mancini, Rubini, Bordo, De Maria, Apunzo. A questi si aggiunge il vicesegretario Lorenzo Guerini. La commissione dovrà essere votata dai membri della direzione.

Gianni Cuperlo in direzione Pd ha rilanciato la proposta già avanzata la scorsa settimana da Michele Emiliano: "In questa vicenda nessuno si senta sconfitto - ha detto -: potremmo uscirne sconfitti un po' tutti. Il tempo degli appelli potrebbe essere scaduto ampiamente: perciò avvio una proposta" per provare a evitare la scissione. "Avviamo il congresso, prevediamo la prima fase di confronto programmatico, poi affrontiamo assieme le amministrative. E chiudiamo il percorso con le primarie per la scelta del segretario entro la prima parte del mese di luglio". "Luglio non è una violenza sulle regole e potrebbe essere una scelta da rivendicare come spiraglio per tutelare il simbolo e la comunità. Lo valuti la direzione", propone Cuperlo, sottolineando, come garanzia, che un'eventuale sconfitta alle amministrative di giugno non verrebbe addossata al segretario uscente Matteo Renzi ma sarebbe "responsabilità di tutti".

Francesco Boccia, intervenendo alla direzione nazionale del partito, ha rilanciato la necessità di un confronto programmatico durante il congresso. "Molti di noi sono venuti a questa direzione perché l'hanno ritenuta la naturale prosecuzione dell'assemblea di domenica - ha detto -. Sarebbe un errore pensare che le nostre divisioni siano figlie di differenze caratteriali tra le persone. Noi governiamo da quattro anni l'Italia. La nostra frattura è avvenuta su fisco, lavoro, scuola, Europa e su scelte che hanno minato la nostra vocazione a stare insieme". Boccia, che è schierato con Emiliano, chiede l'integrazione della commissione congressuale e apprezza l'estremo tentativo di mediazione di Gianni Cuperlo di fare le primarie a luglio, già respinto in realtà dal vertice del Pd.

"Chiedere le primarie a luglio a norma di statuto non è possibile ma non voglio parlare a norma di statuto. Io proporrei che i vari odg e proposte giunte oggi non siano votate ma li affiderei alla commissione che non è un luogo per piantare bandierine ma per trovare soluzioni": così Orfini in direzione, assicurando che la commissione sarà integrata alla luce della candidatura di Michele Emiliano.

LE PAROLE DI RENZI NELLA E-NEWS - "Se qualcuno vuole lasciare la nostra comunità - è il messaggio del segretario dimissionario - questa scelta ci addolora, ma la nostra parola d'ordine rimane quella: venite, non andatevene. Tuttavia è bene essere chiari: non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del Paese. È tempo di rimettersi in cammino". "Mentre gli organismi statutari decidono le regole del Congresso, io sono in partenza per qualche giorno per gli Stati Uniti. Vi racconterò sul blog.matteorenzi.it il mio diario di bordo dalla California dove incontreremo alcune realtà molto interessanti. Priorità: imparare da chi è più bravo come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia, nel mondo del digitale, nel mondo dell'innovazione".

"Personalmente ho giurato a me stesso che non sarò mai il leader di qualche caminetto - ha ribadito - messo lì da un accordo tra correnti: si vince prendendo i voti, non mettendo i veti. Per settimane intere gli amici della minoranza mi hanno chiesto di anticipare il congresso, con petizioni online e raccolte firme, arrivando persino al punto di minacciare "le carte bollate". Quando finalmente abbiamo accolto questa proposta, ci è stata fatta una richiesta inaccettabile: si sarebbe evitata la scissione se solo io avessi rinunciato a candidarmi. Penso che la minoranza abbia il diritto di sconfiggermi, non di eliminarmi". "E se è vero che la parola scissione è una delle più brutte del vocabolario politico, ancora più brutta è la parola ricatto", conclude.

Lunedì l'appello di Letta: 'Non può finire così' "Guardo attonito al cupio dissolvi del Pd. Non può, non deve finire così", scrive su Facebook Enrico Letta, rompendo un lungo silenzio sulle questioni del partito. Non cita Renzi, ma appare chiaro che si riferisce a lui quando invoca che "generosità e ragionevolezza" prevalgano su "logiche di potere". Perché ricorda che proprio tre anni fa fu costretto a lasciare Palazzo Chigi con "sgomento solitario": "Oggi sento la stessa angoscia collettiva di tanti che si sentono traditi e sperano che non sia vero. Mai avrei pensato 3 anni dopo a una simile parabola".

Un atto di accusa che la maggioranza Pd respinge: "Caro Letta, il Pd non finisce certo qui. La nostra storia è più importante dei nostri leader", scrive su Twitter Matteo Ricci.

Per Renzi però la partita è chiusa: le primarie, afferma Guerini, saranno "ad aprile". Il segretario vorrebbe il 9 aprile ma se Orlando e Franceschini lo chiederanno si potrebbe arrivare al 7 maggio, non oltre, per chiudere presto la discussione interna e fare la campagna per le amministrative. E il governo? La finestra del voto a giugno è di fatto chiusa e Renzi ha ribadito sostegno a Gentiloni. Ma certo, osservano i renziani, se dopo la scissione la sinistra si mettesse di traverso in Parlamento potrebbe assumersi la responsabilità di far cadere il governo: la linea dell'esecutivo non si farà condizionare dagli 'scissionisti', affermano, se servirà sui singoli provvedimenti sarà messa la fiducia. (ANSA)