Pd, verso primarie il 9 aprile. Orlando si candida: ''Contro la politica della prepotenza''
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Pd, verso primarie il 9 aprile. Orlando si candida: ''Contro la politica della prepotenza''

Politica
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Il ministro si candida, ed Emiliano: 'Non si capisce a cosa miri'. Intanto Renzi prosegue il viaggio negli Stati Uniti

Pd, verso primarie il 9 aprile. Orlando si candida: ''Contro la politica della prepotenza''
Pd, verso primarie il 9 aprile. Orlando si candida: ''Contro la politica della prepotenza''

La commissione Congresso del Pd ha indicato il 9 aprile come data migliore per fare le primarie. Convocata per domani pomeriggio alle 16 la direzione che dovrà approvare le regole ed i tempi per il congresso

L'indicazione del 9 aprile viene da una serie di considerazioni fatte dalla commissione che mirano ad avere un partito con un segretario legittimato in tempo per la campagna delle amministrative. In primo luogo, afferma la commissione, il simbolo del partito deve essere dato sui territori entro la prima settimana di maggio e lo deve dare il segretario per evitare ricorsi. Il segretario poi viene proclamato in assemblea formalmente dieci giorni dopo le primarie: se quindi si facessero le primarie il 23 aprile il Pd avrebbe un segretario il 3 maggio mentre il 9 aprile consentirebbe di eleggere il segretario verso il 20 prima del ponte del 25 aprile che comunque è stato considerato un rischio per la partecipazione ai gazebo.

Intanto il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha spiegato di aver deciso di candidarsi "perché credo e non mi rassegno al fatto che la politica debba diventare solo prepotenza. Ho deciso di farlo - ha evidenziato - perché credo che ci voglia responsabilità e credo che il Pd debba cambiare profondamente per poter essere utile davvero all'Italia e ai problemi degli italiani, che in questo momento stanno vivendo momenti difficili".

E mentre per Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera, "la candidatura di Orlando è una buona notizia perché ci offre la possibilità di condurre una battaglia di sinistra e riformista dentro il Partito Democratico", per Michele Emiliano - altro candidato - non è chiaro a quale obiettivo miri il ministro. "Orlando è una brava persona, un uomo competente. Ha un solo difetto: ha fatto parte del governo Renzi fino ad oggi, e dunque come sfidante di Renzi devo capire ancora esattamente a quale obiettivo sta mirando. Però - ha precisato il governatore - sono contento che abbia preso le distanze. E che, come me, lotti per un cambiamento del partito che riporti subito a casa tutti coloro che sono andati via per incompatibilità politica con l'attuale segreteria". Quanto a timori che Orlando possa 'pescare' nel suo stesso bacino di voti, Emiliano ha risposto: "Credo che se fosse rimasto con Renzi sarebbe stato molto peggio: è un primo smottamento della maggioranza che supportava la segreteria uscente quindi è una buona notizia per me. Essere in due piuttosto che da soli secondo me è meglio".

"Cinquanta sfumature di rosso? Dobbiamo avere - ha aggiunto - 50 sfumature di Pd non di rosso". "Dentro il Pd - ha spiegato il ministro - ci deve essere anche il rosso, ma noi dobbiamo rifare il Pd che abbiamo sognato dieci anni fa e dobbiamo lavorare per evitare che la politica diventi soltanto risse, conflitti e scontri tra personalità, ma torni a essere una grande e bella occasione di vivere insieme e lavorare per la trasformazione dell'Italia".

La sua candidatura era nell'aria da giorni e verrà formalizzata oggi alle 18 in un circolo romano. Intanto Matteo Renzi continua il suo viaggio negli Stati Uniti. "Chi vuole cambiare il Paese - è il suo messaggio - discuta su popoli e populisti".

Intanto la prossima settimana un'assemblea potrebbe nominare il coordinamento del nuovo soggetto politico della sinistra. Poi a marzo si dovrebbe svolgere un evento pubblico nazionale. Il 'cantiere' dei bersaniani lavora infatti a pieno ritmo per dare da subito un segnale e indicare il percorso sia a quanti sui territori sono tentati dall'uscita dal Pd, sia al pezzo di sinistra, da Pisapia a Vendola, che dall'esterno osserva dove porterà la scissione. Ma la scelta non è facile, tanto che all'indomani dello strappo dal Pd, tra i deputati si registrano dubbi e ripensamenti: Andrea Giorgis, che era accreditato come possibile capogruppo, decide per ora di restare nel Pd. Alla fine, sussurrano i Dem, non saranno più di 15 ad andare via. Solo propaganda, ostentano tranquillità i bersaniani: "Adesioni oltre le aspettative", dice Nico Stumpo.

Tra le fila del nuovo soggetto che mira a "riaggregare il centrosinistra non-renziano" con un'ispirazione ulivista da sinistra di governo, ci sarà Vasco Errani. L'ex presidente dell'Emilia Romagna, da sempre vicino a Bersani, non smentisce le voci che lo danno in avvicinamento al nuovo soggetto ma rinvia alla sede politica: l'appuntamento in programma sabato a Ravenna nel suo circolo Pd. Sui territori, spiegano gli ex Dem, sono più complicate le scelte: il percorso si annuncia più lungo e laborioso. In Toscana, fanno notare i renziani, seguiranno Enrico Rossi solo uno o due consiglieri regionali. Mentre in Emilia Romagna esce dal Pd Silvia Prodi, nipote del Professore.

Quanto a Errani, da Palazzo Chigi già fanno sapere che non verrà meno perciò alla stima e alla collaborazione quotidiana sul tema della ricostruzione post-terremoto, di cui l'ex presidente regionale è commissario. Così come, affermano da entrambe le parti, continuerà la collaborazione in Parlamento e anche sui territori per le amministrative. Ma da subito, soprattutto al Senato, la dialettica tra Pd e sinistra minaccia di farsi accesa: su temi come scuola e voucher i bersaniani, che con la loro pattuglia compatta di 12 senatori saranno determinanti per la maggioranza, annunciano battaglia. E, liberi dal vincolo di appartenenza al Pd, saranno con la Cgil nella campagna referendaria. (ANSA)