Il nome di Dio nella tradizione ebraica
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Il nome di Dio nella tradizione ebraica

Amore e Psiche
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Sulla Tradizione Ebraica intendo soffermarmi a lungo e perché la nostra Cristianità ha lì riposte le sue radici, e perché credo che dal confronto col diverso possiamo cogliere aspetti di quelle forme di Pensiero che ci riguardano da vicino, con particolare riferimento al mondo greco.

Mose. Monte Sinai
Mosé. Monte Sinai

 

La conoscenza aiuta ad abbattere i muri del pregiudizio e a riconsiderare con dovuto rispetto quegli aspetti poco noti e spesso trascurati di un popolo, quello Israelita nello specifico, erroneamente ritenuto chiuso e distante dal resto del mondo e che merita invece la dovuta considerazione anche solo perché uno dei popoli più antichi come identità culturale e fidelistica. In prima analisi l'identità religiosa, nonché culturale, sembra cozzare con la pronunciabilità aristocratica (perché concessa ai soli maschi che avessero compiuto il 12° anno di età, una sola volta all'anno e per giunta, all'interno del tempio di Gerusalemme) del nome di Dio al quale comunemente ci si rivolgeva col termine Adonai (Signore) dalla radice fenicia che ha prodotto il nome arcaico di Dioniso (Adon) venerato nella famigerata Biblo. Al di là della convinzione che chi utilizzasse il nome di Dio per rivolgersi a Lui, si potesse impossessare dei suoi poteri, c'è un'altra ragione più profonda alla base di tale scelta. La parola "nome" deriva dalla stessa radice sanscrita che ha determinato il termine "noumeno" adottato nel mondo classico per definire l'Essere.Il nome già fornisce l'identità che nel caso specifico della religione ebraica sembra contraddire l'elasticità di un Dio che ripone i suoi poteri nel cambiamento.

Il nome impronunciabile del Dio ebraico è difatti YHWH che significa Colui che era, che è e che sarà, ossia il Signore del dominio spazio-temporale nel quale si consuma ogni attività umana. Come ho già espresso precedentemente, il Dio ebraico regna sulla dimensione spazio temporale e guida l'uomo. E' l'Eterno, ma nello stesso tempo è transeunte e non è distante dall'individuo, bensì lo guida nel suo cammino esistenziale. Sono le nostre azioni a conferire forma e colore alla vita (il deserto) e nel futuro rappresentato dal potere veggente di Dio s'inscrive il Destino. L'Eterno conserva le radici identitarie dell'uomo e di un Popolo, le fa crescere nel presente e le slancia verso il futuro.

Chi non possiede un nome non può avere un volto e difatti il Dio ebraico lo troviamo più volte espresso sottoforma di fuoco che rappresenta la distruzione e il rinnovamento. Il fuoco è dinamico, esprime il cambiamento e in rapporto al tetragramma YHWH rafforza il concetto di Dio. questa interpretazione di Dio non si discosta molto da quella del greco Zeus figlio di Cronos , il Tempo, delineato da Esiodo nella sua Teogonia, né tanto meno da quello latino Iuppiter il cui genitivo Iovis si riconduce alla radice YHWH. Possiamo cogliere pertanto le dovute rispondenze e il bacino di provenienza di tale interpretazione teistica che è sicuramente mesopotamica e nello specifico babilonese. Esiodo infatti, nella sua Teogonia attinge dal poema Enuma Elish (Quando dall'Alto), già citato da me in altre occasioni. 

Ippolita Sicoli

Dott.ssa Ippolita Sicoli

(Specializzata in Antropologia, Eziologia, Mitologia e Discipline Esoteriche)

LA FINESTRA SULLO SPIRITO

https://www.facebook.com/ippolita.sicoli

 

Libri scritti da Ippolita Sicoli:
Il canto di Yvion Storie di pecore e maghi Nel ventre della luce Il solco nella pietra