Diciassette campionamenti sui venticinque eseguiti lungo le coste della Calabria presentano una carica batterica elevata, superiore alle soglie stabilite dalla legge.
Per 15 di questi punti, principalmente alle foci di fiumi, torrenti e scarichi, il giudizio è di “fortemente inquinato”. Una situazione che evidenzia un deficit depurativo che non risparmia nessuna provincia calabrese, sicuramente già noto e denunciato da tempo e che rischia di compromettere la stessa economia turistica. I fondi ci sono, ma mancano i progetti per ammodernare impianti e completare le reti fognarie. Legambiente chiede quindi al presidente Oliviero che agli impegni assunti parole seguano i fatti e si arrivi finalmente a voltare pagina.
È questo in sintesi il bilancio finale della tappa in Calabria da Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane – realizzata anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati – presentato questa mattina a Tropea da Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria e da Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde. I prelievi e le analisi di Goletta Verde sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente tra il primo e il 4luglio scorsi. I parametri indagati sono microbiologici (Enterococchi intestinali, Escherichia coli) e abbiamo considerato come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.
“L’obiettivo del monitoraggio di Goletta Verde è, bene specificarlo, è quello di individuare i punti critici di una regione e le pressioni inquinanti che ancora gravano sulla costa, analizzando il carico batterico che arriva in mare prevalentemente dalle foci di fiumi, canali o scarichi non depurati – commenta Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde-. Il nostro, è bene ribadirlo, è quindi un monitoraggio puntuale che non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, né assegniamo patenti di balneabilità, ma restituiamo comunque un’istantanea utile per individuare i problemi e ragionare sulle soluzioni.
Tutti i punti monitorati dai tecnici di Goletta Verde, sono risultati inoltre privi dei cartelli sulla qualità delle acque e di eventuali divieti di balneazione previsti per legge e in molti di questi era significativa la presenza di bagnanti. Appare quindi evidente, a fronte anche delle tante segnalazioni che arrivano dagli stessi cittadini, che occorre affrontare con urgenza il deficit depurativo ancora presente per tutelare non solo l’ambiente, ma la stessa salute dei bagnanti e l’economia turistica della zona che rischia altrimenti di vedere annullati gli sforzi compiuti in questi anni”.
Deficit depurativi confermati anche dal dossier di Legambiente “La depurazione in Calabria: un contributo per affrontare il problema dello smaltimento dei fanghi”, presentato proprio questa mattina. Dal documento emerge come la Regione Calabria abbia una potenzialità di depurazione pari all’81% degli abitanti equivalenti totali, ma analizzando la reale capacità di trattare adeguatamente gli scarichi, il dato si abbassa notevolmente. Infatti, secondo l’Istat (dati al 2012) ad essere trattati in maniera adeguata è il 51,5% del totale del carico generato. Criticità evidenziate anche nell’ultima procedura d’infrazione aperta dall’Ue nei confronti dell’Italia che comprende anche 130 agglomerati calabresi.
Inadeguatezza che è già costata alla Regione una condanna da parte della Commissione europea nel 2012 e che secondo i calcoli del Governo, comporterebbe, a partire dal 2016 e fino al completamento degli interventi di adeguamento richiesti, una multa di 38 milioni di euro all’anno. Per far fronte alla prima condanna del 2012 era stato stimato un fabbisogno per questa regione di circa 243milioni di euro e di questi la delibera CIPE 60/2012 ne stanziava 160 milioni (più altri 83 milioni da altre risorse). Per ora sono state, però, sbloccate opere solo per 104 milioni di euro (8 interventi) e rimangono ferme ancora 10 opere per circa 140 milioni di euro.
Tutto a causa della mancanza di progetti concreti e immediatamente realizzabili a cui destinare i fondi, come ammesso dallo stesso Ministero dell’Ambiente e dal presidente Oliverio che ha chiesto un “programma di efficientamento e rifunzionalizzazione degli impianti di depurazione nei comuni costieri della Regione Calabria” che riguarderà 100 amministrazioni comunali per 8 milioni di euro di interventi. “Apprezziamo gli impegni assunti dal presidente della Giunta regionale, ma non possiamo però esimerci dal sottolineare come già tre anni fa si era attivato un meccanismo di raccolta di schede tecniche da parte dei Comuni su cui avviare interventi specifici, senza che però abbia portato a risultati concreti – commenta Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria -.
Ci auguriamo che questa volta l’azione vada a buon fine e in tempi brevi. È infatti evidente che la carenza del sistema depurativo possa aver influito sullo stesso decremento delle presenze turistiche registrato nella nostra regione, come ha ammesso la stessa giunta regionale. E i problemi purtroppo non sono mancati neanche durante questa stagione, come si evince dai numerosi casi segnalati anche negli ultimi giorni da bagnanti e turisti alle amministrazioni competenti e dagli stessi dati del monitoraggio di Goletta Verde”.
Oltre l’adeguamento degli impianti rimane anche il problema del loro sottoutilizzo. Infatti dall’analisi dei dati forniti alla Regione Calabria emerge che alcuni impianti risultano utilizzati in maniera molto ridotta. Tra il 2012 e il 2013 gli impianti negli elenchi della Regione sono aumentati, passando da 541 a 548; il numero di controlli è diminuito da 289 a 239 così come il numero di impianti controllati, passato dal 35,67% al 26,64%; il numero di controlli risultati conformi è aumentato passando dal 28,37% al 58.58%. Il dossier di Legambiente si pone anche un altro obiettivo importante, quello di far luce sulla questione dei fanghi di depurazione, su cui ancora oggi c’è una scarsa conoscenza e, come evidenziano i dati riportati nel dossier, anche poca chiarezza nella loro gestione e scarsità di informazioni. Attualmente si nota che su circa 500 depuratori presenti sul territorio calabrese solo il 25% dei comuni trasmette le informazioni sui fanghi di depurazione.
Dai dati emerge inoltre che le quantità di fanghi prodotti sono, nella gran parte dei dati disponibili, non congruenti con i dati di letteratura che riportano una produzione di fanghi di circa 2-6 Kg per mc di acqua trattata. “Il controllo della corretta quantità di fanghi riveste una importanza vitale per un più preciso controllo dell’attività di depurazione, sia in funzione anti evasione delle norme sia in termini di miglioramento dell’attività di depurazione dell’impianto – dichiarano Aldo Perrotta e Luigi Sabatini, dei circoli Legambiente Catanzaro e Crifalco -. La domanda che ci poniamo è questa: che fine fanno quei fanghi che non vengono denunciati?
La mancanza di informazioni sulla quantità di fanghi prodotta crea di conseguenza anche una mancata trasparenza sulla loro gestione, sugli impianti di destinazione finale, dando adito a fenomeni di trattamento e smaltimento illegali che inquina il nostro ambiente sia esso il terreno o il mare circostante. Il controllo delle quantità di fanghi prodotti e il loro smaltimento è la condizione indispensabile per l’eliminazione di uno dei problemi più rilevanti che ritroviamo nei nostri mari”. Ecco nel dettaglio tutti i campionamenti eseguiti lungo le coste calabresi da Goletta Verde Sei i prelievi effettuati in provincia di Reggio Calabria, quattro dei quali giudicati “fortemente inquinati”:
si tratta dei campionamenti eseguiti alla foce del torrente Menga (località Sabbie bianche) e presso lo sbocco dello scarico vicino al lido comunale entrambi a Reggio Calabria (per quest’ultimo punto va specificato che nonostante il “temporaneo” divieto di balneazione la zona è altamente frequentata da bagnanti); alla spiaggia presso lo scarico sul lungomare Cenide a Villa San Giovanni; alla foce del fiume Mesima a San Ferdinando. Carica batterica entro i limiti quella riscontrata, invece, alla spiaggia di fronte piazza Porto Salvo a Melito Porto San Salvo e alla foce del fiume Petrace a Marina di Gioia Tauro.
Dei cinque prelievi effettuati nel cosentino è risultato nei limiti di legge soltanto quello effettuato alla spiaggia del lido Diamante in località Torricella di Diamante. Fortemente inquinato, invece, il giudizio per i prelievi alla foce del canale sulla spiaggia libera di Villapiana Lido; alla foce del fiume Crati in località Laghi di Sibari a Cassano allo Ionio; alla foce del fiume Parise a Bonifati e alla foce del fiume San Francesco a Paolo. Quattro i campionamenti nel crotonese, due dei quali fortemente inquinati: alla foce del fiume Esaro, a Crotone, e in prossimità del canale sulla spiaggia a destra del Castello a Isola di Capo Rizzuto. Entro i limiti invece l’altro prelievo a Crotone, sulla spiaggia del lungomare Magna Grecia, e alla foce del fiume Tacina a Steccato di Cutro.
In provincia di Catanzaro ha dato esito positivo soltanto il campionamento eseguito alla spiaggia di Caminia a Stallettì. Fortemente inquinato, invece, il giudizio per le acque prelevate alla foce del fiume Fiumarella a Catanzaro Lido e alla foce del torrente Zinnavo a Lameza Terme. Inquinato, invece, quello alla foce del torrente nei pressi del faro di Capo Suvero a Gizzeria. Infine, sei i prelievi effettuati in provincia di Vibo Valentia. Fortemente inquinati sono stati giudicati quelli compiuti alla foce del torrente Mandricelle, nella frazione Corrorino-Porticello di Joppolo; alla foce della fiumara Ruffa in località La Torre di Ricardi e alla foce del fiume Sant’Anna di Vibo Valentia.
Inquinato il giudizio del prelievo agli scogli alla foce del torrente Britto a Marina di Nicotera. Entro i limiti quello alla foce del fiume Angitola, in località Calamaio di Pizzo Calabro. I tecnici di Legambiente – dopo diverse segnalazioni di cittadini attraverso il servizio Sos Goletta – hanno inoltre esaminato un campione d’acqua prelevato presso la spiaggia libera contrada di Riaci a Ricadi, anch’esso entro i limiti di legge. I bagnanti continuano in ogni caso a segnalare chiazze sospette in acqua in determinati orari e per questo chiediamo all’amministrazione di effettuare ulteriori controlli per verificare la provenienza di questa criticità. Tra i fattori inquinanti, troppo spesso sottovalutati, c’è anche il corretto smaltimento degli olii esausti.
Proprio per questo anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati è main partner della storica campagna estiva di Legambiente. Attivo da 31 anni, il COOU garantisce la raccolta degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale, che vengono poi avviati al recupero. L’olio usato – che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli – è un rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche.
A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. “La difesa dell’ambiente, in particolare del mare e dei laghi, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione”, spiega il presidente del COOU Paolo Tomasi. L’operato del Consorzio con la sua filiera non evita solo una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese.