Papa Francesco nelle baraccopoli di Nairobi chiede terra, casa e lavoro per tutti
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Papa Francesco nelle baraccopoli di Nairobi chiede terra, casa e lavoro per tutti

Urbi et Orbi
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Papa Francesco ha iniziato la sua terza e ultima giornata in Kenya - dopo aver celebrato la Messa in privato nella nunziatura apostolica di Nairobi - nel quartiere povero di Kangemi, una baraccopoli dove mancano i servizi essenziali, nel cuore della capitale kenyana, circondata da zone residenziali.

La popolazione di oltre 100mila abitanti è multietnica. Il Papa, riporta la Radio Vaticana, ha percorso le stradine in terra battuta fino alla parrocchia cattolica di san Giuseppe Lavoratore retta dai gesuiti che dirigono anche un ambulatorio, un istituto tecnico superiore, un centro di assistenza alle madri in difficoltà. "Grazie per avermi accolto nel vostro quartiere. Grazie al Signor Arcivescovo Kivuva e a padre Pascal per le loro parole. In realtà - ha detto Francesco - mi sento a casa condividendo questo momento con fratelli e sorelle che, non mi vergogno a dire, hanno un posto speciale nella mia vita e nelle mie scelte. Sono qui perché voglio che sappiate che le vostre gioie e speranze, le vostre angosce e i vostri dolori non mi sono indifferenti. Conosco le difficoltà che incontrate giorno per giorno! Come possiamo non denunciare le ingiustizie subite?".

"Vorrei rivendicare in primo luogo questi valori che voi praticate, valori che non si quotano in Borsa, valori con i quali non si specula né hanno prezzo di mercato. Mi congratulo con voi, vi accompagno e voglio che sappiate che il Signore non si dimentica mai di voi. Il cammino di Gesù è iniziato in periferia, va dai poveri e con i poveri verso tutti. Riconoscere queste manifestazioni di vita buona che crescono ogni giorno tra voi, non significa in alcun modo ignorare la terribile ingiustizia della emarginazione urbana. Sono le ferite provocate dalle minoranze che concentrano il potere, la ricchezza e sperperano egoisticamente mentre la crescente maggioranza deve rifugiarsi in periferie abbandonate, inquinate, scartate".

"Questo si aggrava quando vediamo l’ingiusta distribuzione del terreno (forse non in questo quartiere, ma in altri) che porta in molti casi intere famiglie a pagare affitti abusivi per alloggi in condizioni edilizie per niente adeguate. Ho saputo anche -ha aggiunto il Papa- del grave problema dell’accaparramento delle terre da parte di “imprenditori privati” senza volto, che pretendono perfino di appropriarsi del cortile della scuola dei propri figli".

"In questo senso, un grave problema è la mancanza di accesso alle infrastrutture e servizi di base. Mi riferisco a bagni, fognature, scarichi, raccolta dei rifiuti, luce, strade, ma anche scuole, ospedali, centri ricreativi e sportivi, laboratori artistici. Voglio riferirmi in particolare all’acqua potabile". E' necessario per il Pontefice "riprendere l’idea di una rispettosa integrazione urbana. Né sradicamento, né paternalismo, né indifferenza, né semplice contenimento. Abbiamo bisogno di città integrate e per tutti.

Abbiamo bisogno di andare oltre la mera declamazione di diritti che, in pratica, non sono rispettati, e attuare azioni sistematiche che migliorino l’habitat popolare e progettare nuove urbanizzazioni di qualità per ospitare le generazioni future. Il debito sociale, il debito ambientale con i poveri delle città si paga concretizzando il sacro diritto alla terra, alla casa e al lavoro [le tre “t”: tierra, techo, trabajo]. Questo non è filantropia, è un dovere morale di tutti". Di qui l'appello del Papa "a tutti i cristiani, in particolare ai Pastori, a rinnovare lo slancio missionario, a prendere l’iniziativa contro tante ingiustizie, a coinvolgersi nei problemi dei cittadini, ad accompagnarli nelle loro lotte, a custodire i frutti del loro lavoro collettivo e a celebrare insieme ogni piccola o grande vittoria".